Infiammazione da cibo: quali alimenti possono provocare questo problema? Come rimediare?

Ciò che è certo è che le nostre abitudini di vita possono davvero fare la differenza sulla qualità della stessa. Praticare sport aiuterà senz’altro a ridurre la possibilità di incorrere innumerevoli patologie, stare lontani da alcolici e tabacco è importantissimo sotto altrettanti punti di vista e scegliere i cibi giusti di cui nutrirsi è un po’ la base della salute umana. Sappiamo bene che resistere ad alcuni alimenti dannosi è davvero dura, complice il fatto che spesso (purtroppo) sono davvero deliziosi. In realtà, concedersi uno strappo alla regola, di tanto in tanto, non è un dramma e probabilmente, non creerà alcun problema. Quando però determinati cibi vengono consumati regolarmente, capita che creino infiammazioni al sistema gastrico e quello intestinale, con conseguenze davvero spiacevoli.

Infiammazione da cibo: i casi oggettivi e soggettivi

Per poter affrontare l’argomento riguardante i cibi che creano infiammazione, però, bisogna distinguere due tipologie di situazioni: la prima in cui vi è effettivamente un’intolleranza, allergia, ipersensibilità, malattie o il morbo celiaco. In questo caso, si tratta di cibi che creano problemi in maniera soggettiva. Nel secondo caso, invece, si tratta di cibi che hanno la peculiarità di creare infiammazioni.

In quest’articolo parleremo della seconda casistica, cioè, di quegli alimenti il cui consumo è concesso, ma dovrebbe essere estremamente limitato e non diventare la soluzione quando si comincia a sentire il brontolio allo stomaco di metà pomeriggio.

Infiammazione da cibo: gli alimenti responsabili

Riconoscere i cibi che possono creare infiammazione è di facile intuizione. Questo perché l’informazione a riguardo è veramente ampia e gli alimenti più incriminati sono principalmente di due tipi: quelli molto elaborati e quelli molto grassi. Parliamo quindi di farine raffinate, carni particolarmente lavorate e dalle percentuali grasse molto alte (come le salsicce o i wrustel, ma anche le carni rosse apparentemente più magre), la frittura in generale e ovviamente, le bevande gasate, zuccherate o dolcificate.

L’educazione alimentare che ci viene proposta fin dalla più tenera età non vede mai questi alimenti particolarmente protagonisti della nostra dieta quotidiana, fatta eccezione per i derivati del grano (pane e pasta) che sembrano essere consumati in modo particolarmente abbondante nella popolazione e forse, con un pizzico di inconsapevolezza.

Infiammazione da cibo: rischi e conseguenze

Iniziamo col dire che in caso sospettiate di avere un’infiammazione intestinale, potrete verificarla e misurarla attraverso un semplicissimo test effettuato sulle feci da parte dei laboratori di analisi. Ciò che viene ricercato, in questi casi, è la calprotectina, una proteine la cui concentrazione si alza oltre i valori standard proprio in situazioni di infiammazione. In caso di positività, il gastroenterologo valuterà se effettuare ulteriori analisi per scoprire se la causa è l’eccessivo consumo dei cibi sopra indicati o una patologia/intolleranza differente.

La sintomatologia più comune prevede: tendenza a mettere su peso non accomunata da un’aumento dell’alimentazione, diarrea, pancia gonfia e dolente, e infine, emicrania.

Tra i rischi che, a lungo andare, possono derivare dalle continue infiammazioni ci sono l’insorgenza del diabete (specialmente se presente nella storia clinica famigliare) e lesioni cancerose.

 

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